Il 19 luglio 1992. Ero in Sicilia. Non avevo idea di chi fosse Paolo Borsellino. Ero sul bordo della piscina di un villaggio – vacanze. La musica a palla. Animatori sorridenti. Era la vacanza del primo amore estivo. Spensierata, metà bambina metà donna. Meglio, mi davo le arie da donna ma in realtà ero una bambina. Dieci anni giusti. 16.58. La notizia venne diffusa una decina di minuti dopo, dagli altoparlanti del villaggio. La musica si fermò. Non capivo. Annunciarono che tutte le attività previste nel pomeriggio erano sospese. Sospeso pure lo spettacolo di cabaret serale. Il silenzio piombò. Ognuno si incamminò verso le villette a schiera. Qualcuno si fermò, formando capannelli. La voce bassa. Ho conosciuto la tristezza quel giorno. Era così forte la sensazione di dolore che ne ebbi paura. Non capivo. Tornai a casa, correndo. Quasi senza respirare. Trovai mia nonna, fuori al terrazzino con la tv accesa. Gli occhi blu, pieni di lacrime. Fu la prima a raccontarmi di Paol
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